Sapore deciso e altissime proprietà nutrizionali: negli ultimi anni la carne di capra è stata rivalutata, grazie alla moda delle cucine etniche e alla riscoperta delle ricette tradizionali
Carne magrissima, dal basso profilo lipidico, con ottime percentuali proteiche ad alto valore biologico, ricca di potassio, ferro e zinco, eppure, è tra le carni rosse più sottovalutate nella cucina italiana.
Di certo per il sapore deciso, che per alcuni può essere eccessivo, o per la preparazione, che richiede tempi lunghi per intenerire per bene la carne, tende a rimanere un prodotto di nicchia per la cucina nostrana, limitato più alle tradizioni pasquali che alla cucina di tutti i giorni; come noi anche l’Europa ne registra un consumo piuttosto limitato.
Tutt’altra storia è in altre parti del mondo.
È infatti da sempre apprezzata in Africa, Asia e Sud America. Proprio negli Stati Uniti si è passati da un prodotto confinato ai mercati etnici, al suo impiego anche in ristoranti di alto livello, con un incremento del consumo che è quasi raddoppiato negli ultimi dieci anni.
Incremento causato in gran parte dalla globalizzazione che ha preso piede anche nel settore culinario e che ha portato alla fusione di culture e di sapori, e da un sempre più crescente apprezzamento della cucina etnica.
Quindi le prospettive future per un rinnovato interesse della carne caprina anche nella cucina italiana sembrerebbero essere più che rosee.
La carne di capra nella tradizione gastronomica italiana
Le qualità nutrizionali della carne di capra sono affiancate, come già detto, da un sapore deciso che può essere più selvatico o più delicato in base a vari fattori legati all’alimentazione, al sesso, alla razza e soprattutto all’età di macellazione dell’animale.
Si va infatti dalla carne tenera e delicata del capretto da latte, dal peso massimo di 18 kg e macellato tra i 25 e i 60 giorni d’età, al caprettone, di 25-30 kg e macellato intorno al terzo mese di vita, fino al castrato e la capra adulta, macellati oltre i 6 mesi di età e che possono raggiungere anche i 70 kg di peso.
Molte sono le preparazioni gastronomiche, che il più delle volte richiedono un adeguato tempo di frollatura e una cottura lenta ed umida a fiamma bassa per intenerire al meglio la carne.
La più classica delle ricette è il capretto al forno, tipico della tradizione pasquale, in cui la carne viene macerata e aromatizzata con salvia, ginepro e rosmarino e accompagnata da croccanti rondelle di patate.
Specialità dell’entroterra ligure, in cui ogni anno il mese di agosto si svolge una sagra dedicata proprio a questo piatto, è la capra e fagioli, con spalla di capra cotta a fuoco lento con aromi, aggiunta di vino bianco e contorno di fagioli bianchi per insaporire nella parte finale della cottura.
Famoso è poi il Violino di capra, tipico della Valchiavenna, che vanta una lunga tradizione sia nella produzione, in cui a cosce e spalle, conservate mediante salatura a umido, viene data la forma di violino (con la zampa che funge da manico e la massa muscolare da cassa), che nel taglio della carne, da eseguirsi secondo un rito antico appoggiando il prosciutto alla spalla e maneggiando il coltello come fosse un archetto.
In Campania è prodotto tipico salernitano la braciola di carne, involtino ripieno di carne di capra, pecorino ed erbe aromatiche, cotto a fuoco lento con sugo di pomodoro.
Allevamenti e razze di capre
Allevare capre può quindi essere un’attività redditizia, la cui gestione può diventare una buona fonte di sostentamento.
La capra è un’animale che si adatta a qualsiasi territorio di pascolo, anche quelli più ostili, così come si adatta molto facilmente ai cambiamenti di stagione e riesce ad adeguare la propria alimentazione in base alla disponibilità del cibo consumando meno foraggio rispetto altri animali da carne rossa, come ad esempio i bovini.
Di seguito alcune delle razze caprine più allevate per il consumo di carne:
Capra boera – Razza autoctona del Sud Africa, selezionata da allevatori boeri, tramite incroci fra razze indigene ed europee portate dai coloni, allo scopo di ottenere una capra adatta più alla produzione di carne che di latte. Animale molto resistente anche ai climi caldi, secchi e semi desertici come quelli dell’entroterra sudafricano è oggi abbastanza diffusa in tutto il mondo e allevata in particolar modo negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda. Ha una rapida crescita dovuta anche ai diversi incroci di miglioramento. È tendenzialmente di colore bianco con testa scura, orecchie lunghe e pendule e dal carattere docile.
Capra kiko – Razza della Nuova Zelanda, con mantello bianco e testa marrone scuro, è stata creata negli anni ’80 incrociando capre selvatiche locali con capre da latte europee. Kiki è la parola maori per dire ‘carne’ ed è infatti una razza dalla crescita rapida che raggiunge in poco tempo la fertilità e un peso giusto per la macellazione. Prediligono climi caldi e umidi, hanno un’ottima resistenza a diversi tipi di parassiti, sono animali indipendenti dall’allevatore per la sopravvivenza e il sostentamento.
Capra spagnola – Termine usato erroneamente per descrivere genericamente le capre del sud-ovest è invece una razza caprina in tutto e per tutto. Originaria della Spagna, nel Cinquecento fu portata nei porti caraibici e da quel momento venne diffusa in tutto il mondo, in particolare nei territori meridionali del Nordamerica, nell’America centrale e nel Sudamerica. Il suo utilizzo per soddisfare il fabbisogno di carne permise di utilizzare i bovini come animali da traino e da tiro nei lavori agricoli. Per oltre tre secoli fu l’unica razza caprina conosciuta, ma a metà ‘800 vennero importate le prime capre europee e la razza subì vari incroci, tanto che oggi è difficile trovare una razza pura di capra spagnola. L’animale, che può raggiungere le 200 libbre, non ha un mantello dalle precise colorazioni ma può assumere varie sfumature, è munito di corna attorcigliate, più piccole nelle femmine e più grosse nei maschi, grosse orecchie e un muso dritto e concavo.
Capra pigmea – Parente della capra nana africana, tipica dell’Africa centrale e occidentale, fu portata in Europa dai primi coloni inglesi e da lì, per le sue peculiari caratteristiche, fu esportata anche negli Stati Uniti. Diventate popolari per le piccole dimensioni e il carattere socievole e allegro, venivano acquistate anche come animali domestici e divennero la razza più comune di capre domestiche. Non superano i 35 cm al garrese (le femmine sono più minute) con un peso che va dai 5 ai 20 kg, corna presenti in entrambi i sessi. Originariamente di colore marrone senza sfumature, oggi se ne trovano di svariati colori: grigio, bianco, con venature argentee, pezzate con due o tre colori. Oggi usate anche negli zoo e nelle fattorie didattiche.
Capra rossa Kalahari – Razza a rischio di estinzione, originaria del Sud Africa e di alcune aree della Numidia, deve il nome al cappotto rosso che la contraddistingue e le permette di mimetizzarsi negli ambienti desertici, come quello del Kalahari in cui è fortemente presente. Ha una straordinaria resistenza agli ambienti aridi e secchi, tipici del deserto, un’alimentazione molto varia, non necessita di troppi trattamenti e vaccini essendo naturalmente resistente a malattie e parassiti. Pelo rosso liscio e corto, lunghe orecchie, dal temperamento tranquillo. La carne, molto magra, è alla base del fabbisogno proteico delle comunità locali.
Capra Sahelian – Capra tipica dell’Africa occidentale, è fortemente presente nei territori aridi del Sahel e nel nord-est del Mali. Questo animale di piccola taglia (70 cm al garrese), dal corpo sottile, gambe lunghe e con una piccola gobba, ama infatti i climi secchi desertici e non tollera zone con alto tasso di umidità. È particolarmente adatto alla vita nomade e ha un’alimentazione che si adatta e varia a ciò che è reperibile nelle diverse stagioni negli ambienti desertici. Viene allevato per la produzione di carne, ma anche per pelle e, più raramente, latte. Entrambi i sessi presentano delle corna, dei bargigli, e un mantello che varia dal bianco puro, al rosso, nero, grigio o pezzato di vari colori.
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