Nel ramo delle attività economiche in base alla tipologia di attività svolta si distinguono due categorie di aziende, il cui complesso di beni è organizzato per l’esercizio di altrettante tipologie di impresa: l’impresa agricola, la cui attività e figura imprenditoriale è disciplinata all’articolo 2135 del Codice civile, e l’impresa commerciale, la cui disciplina giuridica è contenuta nell’articolo 2195.
Lo Stato prevede quindi una disciplina giuridica ben diversa per le due figure imprenditoriali, con un trattamento di favore per l’imprenditore agricolo e leggi ben più rigorose per quello commerciale. È quindi bene capire la distinzione tra le due imprese.
Le differenze tra un’impresa agricola e un’impresa commerciale
Le attività di un’impresa agricola sono tutte quelle rivolte all’utilizzo delle risorse del mondo agreste, boschivo, fluviale e marittimo.
Nella fattispecie sono considerate attività agricole essenziali: l’orticoltura, la floricoltura e la funghicoltura, sia in serra che in vivai, la selvicoltura e l’allevamento di animali, sia di fondo che da cortile con attività annesse.
Quelle invece legate alla conservazione, manipolazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti, che derivano da attività agricole essenziali, sono dette attività agricole per connessione, e, anche se sono a tutti gli effetti attività commerciali, non sono considerate tali per legge proprio perché rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura e nelle altre attività esercitate in connessione col mondo agricolo ed ittico.
Le attività commerciali vere e proprie sono tutte quelle che non rientrano nella classificazione di attività agricola, e che quindi sono attività industriali dirette alla produzione, acquisto e vendita di beni e servizi, alla circolazione dei beni, al trasporto, al sistema bancario e assicurativo e a tutte le altre attività ausiliarie alle precedenti.
I vantaggi riservati alle imprese agricole
Numerosi sono i vantaggi di un imprenditore agricolo rispetto un imprenditore commerciale, a partire dal fatto che l’imprenditore agricolo può vendere direttamente i prodotti al dettaglio, sempre finché i suddetti prodotti sono per la maggior parte provenienti dai propri terreni.
Nello specifico la percentuale di guadagno ottenuta dai prodotti di altre aziende deve essere minore di quella ottenuta dai ricavi avuti sul proprio prodotto, e il guadagno annuo (sempre sui prodotti non ottenuti dalla propria azienda) non deve superare i 160.000 euro per gli imprenditori individuali e i 4.000.000 per le società.
Il superamento di uno dei due limiti comporta il passaggio dell’attività di imprenditore agricolo a quella di imprenditore commerciale, con le conseguenti disposizioni ai fini amministrativi.
Sul fronte fiscale, a differenza dell’imprenditore commerciale per cui attualmente si prevedono imposte sul reddito d’impresa con aliquote del 24%, l’impresa agricola è tassata sulla rendita catastale del terreno e non sul fatturato effettivo.
Rendita catastale che per quanto riguarda i terreni agricoli è uguale al valore del reddito dominicale (reddito stabilito dal catasto e valutato in base alla sola proprietà) rivalutato del 25% e moltiplicato per un fattore pari a 135, così come stabilito all’Art. 13, comma 5, del D.P.R. 633 del 26/10/1972.
Ai fini IVA l’imprenditore agricolo può usufruire del regime agricolo speciale, o di vantaggio, come disposto all’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972, in cui l’Iva si detrae in modo forfettario tramite l’applicazione di alcune percentuali di compensazione sull’ammontare delle cessioni di prodotti agricoli e ittici, stabilite con decreti ministeriali.
Percentuali che fungono da aliquote Iva nel caso ci siano operazioni di cessione di beni da parte di agricoltori in regime di esonero o quando c’è passaggio di beni tra produttori agricoli associati in cooperative.
Per operazioni con l’estero, che riguardino cessioni all’esportazione o cessioni ai viaggiatori extra europei o versi sedi diplomatiche o intracomunitarie, l’impresa ha diritto a chiedere il rimborso dell’imposta applicata sulle percentuali di compensazione alle suddette operazioni.
Tuttavia, in regime speciale l’imprenditore ha obblighi di fatturazione, registrazione, dichiarazione annuale e liquidazione, col solo esonero delle certificazioni fiscali e delle fatture telematiche per la vendita al dettaglio.
Fondamentale è la distinzione delle attività a diverso regime che può effettuare il produttore agricolo nella stessa impresa, come la vendita di prodotti non agricoli, che pur costituendo una contabilità unica, devono essere registrate in modo separato.
Il regime speciale è quello naturale per gli imprenditori agricoli con un volume d’affari annuo superiore a 7000 €, i cui prodotti siano compresi nella Tabella A, parte 1 del D.P.R. n. 633/1972.
L’impresa agricola mista
Qualora invece l’imprenditore agricolo abbia un’attività diversa da quella tradizionale, come nel caso di un’impresa agricola mista, in cui adotta sistematiche cessioni di beni non presenti nella tabella A citata prima, può optare per un regime ordinario, nel cui caso l’Iva è determinata secondo le regole valide per la generica valutazione dell’imposta statale. Scelta che può rivelarsi vantaggiosa nel caso in cui l’Iva su tutti gli acquisti è superiore all’Iva su tutte le vendite e l’impresa determina un saldo a credito nei confronti dello Stato, utilizzabile per effettuare degli investimenti.
Il regime fiscale agevolato per le imprese agricole
Un terzo regime è il regime Iva di esonero. Quello di esonero è il regime naturale per gli imprenditori con volumi pari o inferiori ai 7000 € annui e i cui prodotti devono essere per almeno due terzi agricoli: è importante quindi che l’imprenditore valuti la propria situazione di anno in anno.
In questo regime c’è l ’esonerazione dalla dichiarazione Iva e Irap e da qualsiasi obbligo contabile e dichiarativo.
L’impresa è tenuta solo a conservare le fatture di acquisto, le bollette doganali e le copie delle autofatture emesse dagli acquirenti, che hanno l’obbligo di emetterla in caso di acquisto beni o servizi con soggetti in regime di esonero. Nel commercio elettronico non ha l’obbligo di emettere alcun scontrino né ricevuta fiscale per vendita a privati, ma è sufficiente l’annotazione sul registro dei corrispettivi.
Tranne se è il privato a chiedere la fattura, allora in quel caso l’impresa è tenuta ad annotare sia sul registro dei corrispettivi che su quello delle fatture.
Inoltre, l’imprenditore agricolo non è tenuto a iscriversi al Registro delle Imprese. Altro vantaggio è la possibilità, data ai professionisti che possiedono redditi agrari in regime di esonero, di aprire una partita iva in regime forfettario, sempre fintanto che l’attività agricola non rientra nel reddito d’impresa.
L’esclusione dal regime di esonero è data se c’è superamento di 7000 € annui anche se l’azienda si trova sotto il limite di un terzo delle cessioni di altri beni, oppure se viene superato questo limite nonostante l’azienda sia sotto il limite del volume d’affari.